17 aprile, Giornata Mondiale dell’emofilia

Emofilia, anche lo sport non è tabù

 

Condividere le conoscenze: è con questa parola d’ordine che la Federazione mondiale dell’emofilia (WFH) ha ricordato la Giornata internazionale del 17 aprile. Esperienze e buone pratiche da condividere, informazioni e formazione sono state anche alla base delle iniziative italiane di FedEmo, la federazione nazionale delle associazioni di malati di emofilia. Per la giornata, Fedemo ha rilanciato l’attenzione sulla “la mancata attuazione, a 5 anni dalla sua firma, dell’accordo per l’assistenza sanitaria ai pazienti affetti da Malattie Emorragiche Congenite (MEC)”.

Di fatto la vita degli emofilici negli ultimi 60-70 anni si è trasformata forse come in nessun campo medico. Quella che era una aspettativa di vita di 15-20 anni prima del 1950, grazie all’arrivo di straordinari farmaci è divenuta un’aspettativa in linea con quella della popolazione generale. Per questa malattia ereditaria rara che colpisce, in modo più o meno grave, quasi esclusivamente i maschi ed è provocata da carenza di proteine specifiche (i fattori di coagulazione del sangue) si è trattato di una rivoluzione: di fatto siamo oggi di fronte ad una malattia cronica a tutti gli effetti. La profilassi funziona e i giovani oggi possono svolgere una vita pressoché normale. Persino praticare sport a livello agonistico (non di contatto) una volta era considerato un tabù, mentre oggi è diventato un fattore che porta benefici. “L’aumento della massa muscolare garantisce una maggiore resistenza ai potenziali danni articolari associati alla sedentarietà ed all’avanzamento dell’età”, ha ricordato FedEmo.